A gennaio la sardina, ad aprile il pesce spada, a luglio il dentice: anche il mare ha una propria stagionalità che l’uomo deve conoscere e rispettare. Tuttavia c’è qualcosa che ormai è divenuto un “elemento” costante del mondo marino: i rifiuti.
Gli esperti hanno infatti calcolato che, nel solo Mar Mediterraneo, ogni giorno vengono riversate oltre 731 tonnellate di rifiuti (dati UNEP riportati da Tuttogreen La stampa) che, per il 95% del totale, sono costituiti da plastica. È inoltre emerso che, in alcuni punti del Mediterraneo, giacciono oltre cento mila pezzi di plastica per chilometro quadrato. A cosa è imputabile questo poco glorioso record? Innanzitutto bisogna considerare che la produzione di materiale plastico è passata da un milione e mezzo di tonnellate (1950) a 300 milioni di tonnellate di oggi. Il 40% della plastica è utilizzato per il packaging per un periodo brevissimo: basti considerare che i sacchetti di plastica vengono utilizzati solo per 15 minuti circa e, ogni anno, ne vengono prodotti 500 miliardi ovverosia un milione al minuto. Una volta terminato il loro utilizzo i materiali plastici vengono abbandonati e troppo spesso trovano la loro ultima destinazione nel mare. Al largo e negli abissi la loro presenza rappresenta un pericolo per la sopravvivenza della fauna marina e il loro recupero è demandato a coloro i quali, ogni giorno, dalle acque trovano il proprio sostentamento e sono quindi fortemente interessati alla salute del mare: i pescatori.
Negli anni, soprattutto nel Nord Europa, si è diffusa l’incentivazione del “fishing for litter” ovverosia l’incentivazione del recupero, da parte dei pescatori, dei rifiuti presenti in mare che, in passato, venivano rigettati nelle acque. L’attività di sostegno si concretizza principalmente in campagne di sensibilizzazione e in pratiche di semplificazione amministrativa dell’attività di smaltimento.
La burocrazia, infatti, è una delle ragioni che hanno impedito a questa pratica di decollare in Italia: ad oggi, infatti, qualsiasi oggetto venga recuperato in mare, a prescindere da quale sia il materiale che lo compone, viene classificato “rifiuto speciale” ed il pescatore che lo cattura viene considerato produttore di rifiuti e, come tale, deve provvedere allo smaltimento. È quindi evidente che molti operatori, per evitare gli adempimenti (e le spese) che ne conseguirebbero, decidono di rigettare in mare i rifiuti raccolti.
Si sono pertanto succedute numerose iniziative volte a debellare questa piaga.
Per tutto il mese di maggio, ad esempio, grazie al progetto “A Pesca di Plastica”, quaranta pescherecci impegnati nella pesca a strascico a San Benedetto del Tronto consegneranno tutti rifiuti intrappolati nelle reti che, una volta analizzati, verranno avviati al riciclo o alla fase di smaltimento. I risultati della iniziativa verranno poi presentati nel corso della EU Green Week che si concluderà a Bruxelles il prossimo 7 giugno.
Tutto ciò spiega perché sia così importante la ì legge Salvamare approvata ad aprile grazie alla quale i pescatori potranno diventare“spazzini” del mare e potranno avere un certificato ambientale e la loro filiera di pescato sarà adeguatamente riconoscibile e riconosciuta. I rifiuti potranno essere portati nei porti dove saranno allestiti dei punti di raccolta e verranno introdotti dei meccanismi premiali per i pescatori.
FONTE e approfondimento:
LA STAMPA https://www.lastampa.it/2019/05/18/scienza/mare-ecco-gli-spazzini-sono-i-pescatori-2TV1SQvxktcDb9KCW6ANfM/pagina.html
MINITERO AMBIENTE https://www.minambiente.it/comunicati/costa-con-la-legge-salvamare-iniziamo-ripulire-il-mare-dalla-plastica