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Avete mal di stomaco o, comunque, non vi sentite in forma? Uno dei rimedi più comuni per affrontare i malanni è quello di prendere un thè con le fette biscottate. Da sempre, infatti, il thè è associato al benessere del corpo e dello spirito: chi di noi, nelle serate d’inverno, non ricorre ad una bella tazza di questa bevanda calda aromatica per riscaldarsi e ritemprarsi?
Purtroppo, un nuovo studio della McGill University di Montreal (Canada), pubblicato sulla rivista Enviromental Science and Technology della American Chemical Society, ci mette in allarme. Gli studiosi canadesi hanno infatti evidenziato che le bustine di thè realizzate in nylon e polietilene tereftalato o Pet e famose per la loro forma piramidale, se immerse nell’acqua bollente, rilascerebbero miliardi di micro e nanoparticelle di plastica.
Già nel 2013 la giornalista Taylor Orci aveva espresso preoccupazioni su queste bustine in un articolo pubblicato sull’Atlantic e poi ripreso dal blog statunitense Fooducate: si temeva, infatti, che questi contenitori potessero rilasciare ftalati ovverosia molecole impermeabilizzanti potenzialmente cancerogene. Tale ipotesi non è mai stata dimostrata, ma, anzi, c’è chi ha sottolineato che gli stessi materiali sono comunemente usati per confezionare e conservare cibi e bevande dopo aver ottenuto i necessari permessi da parte delle autorità competenti.
Gli studiosi della McGill University hanno voluto verificare cosa succede quando questo materiale viene immerso in un liquido ad altissima temperatura e, per far ciò, hanno acquistato quattro diverse confezioni di thè in bustine di plastica. Le bustine sono state svuotate del contenuto, lavate, asciugate e poi immerse in acqua a 95°C: al termine dell’ebollizione gli scienziati, grazie al microscopio elettronico, hanno analizzato la struttura dei polimeri e hanno filtrato l’acqua per recuperare eventuali detriti plastici. A seguito del test è emerso che ciascuna bustina di tè in plastica aveva rilasciato nell’acqua 11,6 miliardi di microplastiche e 3,1 miliardi di nanoplastiche.
Il team canadese ha poi esposto per una settimana un organismo modello - le pulci d’acqua (Daphnia magna) - durante il loro sviluppo a contatto con i detriti plastici rilasciati dalle bustine di tè: dal 5 al 50% delle pulci d’acqua avevano incorporato i frammenti e, pur essendo sopravvissute al termine dell’esperimento, avevano subito anomalie anatomiche e si muovevano meno degli animali di controllo.
Va chiarito che gli esperimenti effettuati non sono sufficienti a confermare pericolosità delle micro e nanoplastiche rilasciate da questo tipo di confezioni, ma, nel dubbio, è sempre meglio far ricorso al thè sfuso o, al massimo, a quello confezionato in bustine di carta (compostabili): se non a noi stessi, almeno faremo un favore all’ambiente.