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Fra le prelibatezze della cucina, di solito, i piatti a base di pesce sono quelli maggiormente apprezzati dai ghiottoni di tutte le latitudini, specie in questo periodo di feste. Come noto, però, l’attività ittica è spesso esercitata in maniera tutt’altro che eco-sostenibile non solo per ciò che l’uomo prende dal mare, quanto per ciò che in esso abbandona.
Ogni anno, infatti, circa un terzo delle oltre undicimila tonnellate di rifiuti in plastica recuperati sulle spiagge europee è costituito da strumenti utilizzati nell’attività di pesca e acquacoltura e in Italia la situazione non è certo migliore: nel corso dell’indagine “Beach litter” condotta da Legambiente, negli ultimi sei anni, sono state rinvenute oltre 10mila retine utilizzate per la coltivazione dei militi (31 pezzi in media ogni 100 metri di arenile) che, in alcuni tratti della costa, costituivano il 70% del totale dei rifiuti rinvenuti.
Quanto rintracciato sulle spiagge rappresenta solo una parte di un fenomeno di più ampia portata che è stato analizzato nel corso di “Marine litter e blue economy, impatti e soluzioni dal mondo della pesca e dell’acquacoltura” convegno tenuto alla Fiera di Rimini nel corso della ventitreesima edizione di Ecomondo.
Alla presenza, fra gli altri di Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, e di Fabio Fava, Professore dell’Università di Bologna e presidente del Comitato scientifico di Ecomondo, sono stati riportati i dati raccolti nel corso di alcune campagne dedicate alla piaga del Marine Litter.
Nel corso del progetto condotto da Legambiente Emilia-Romagna a Porto Garibaldi (Fe), i pescatori, in un semestre, hanno recuperato tre tonnellate di rifiuti pari a 26.112 rifiuti censiti e ben l’80% di essi era costituito da calze in plastica utilizzate nell’attività di allevamento delle cozze. Anche i dati dell’indagine Beach Litter di Legambiente confermano che le retine rappresentano la categoria di rifiuti più presente nei recuperi effettuati da pescatori e volontari: nel corso dell’edizione 2017 della campagna sono state recuperate ben 4.470 calze che erano presenti in 27 delle 60 spiagge percorse.
Fra le spiagge più colpite ci sono quelle che si affacciano sul Mar Adriatico come Ischitella (FG) dove, nel 2017, le retine rappresentavano il 73% di tutti i rifiuti registrati, la spiaggia di Sottomonte Ardizio a Pesaro (nel 2019) e quella presso il Parco Cimino a Taranto dove, nel 2018, le retine costituivano il 50% dei rifiuti monitorati.
Anche secondo gli studi condotti nell’ambito del progetto DeFishGear sul marine litter nel Mare Adriatico, considerati tutti i paesi che vi si affacciano, le reti per mitilicoltura sono al settimo posto della top 20 degli oggetti rinvenuti sulle spiagge dell’area di studio nonché il terzo rifiuto maggiormente registrato (8,4%) sui fondali marini (con una media di 49 calze per chilometro quadrato che, nel tratto italiano, si alza addirittura a 73 calze per chilometro quadrato di fondale).
I progetti in materia in Marine Litter non si limitano a raccogliere dati. Il progetto Clean Sea Life, ad esempio, cofinanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma LIFE, dal 2016, ha portando avanti campagne di sensibilizzazione e diffusione di buone pratiche di gestione fra gli operatori e le autorità locali nonché attività di “pesca di rifiuti”: nelle prime quattro giornate di sperimentazione, nei porti di Porto Torres, Rimini, San Benedetto del Tronto e Manfredonia, grazie all’attività di 34 pescherecci sono stati recuperati 1.534 kg di rifiuti che, per la gran parte, erano composti da plastica e, a Manfredonia, sono state pescati ben 390 chili di retine che rappresentavano il 75% del totale dei rifiuti raccolti.
Nel corso del convegno tenuto a Rimini è stata ribadita la necessità di consentire ai pescatori di riportare a terra i rifiuti pescati accidentalmente permettendone il conferimento ed escludendo l’irrogazione di sanzioni a loro carico. Vanno inoltre supportate esperienze virtuose di recupero dei rifiuti come quella che ha visto protagonisti i mitilicoltori spezzini nonché le ricerche condotte dall’Università di Siena e da Novamont per la produzione e l'impiego di retine biodegradabili e compostabili.
«Auspichiamo una rapida approvazione anche in Senato del disegno di legge “SalvaMare” – dichiara Stefano Ciafani, presidente di Legambiente –. Si tratta sicuramente di un primo tassello importante, ma che da solo non basta per contrastare l’inquinamento dai rifiuti che colpisce pesantemente il mare, una sfida mondiale a cui l’Italia sta dando il proprio contributo anticipando spesso gli altri paesi europei. Ad oggi, ad esempio, non c’è ancora nessun controllo o regolamentazione della gestione a fine vita delle calze da mitilicoltura e mancano molto spesso i siti di stoccaggio nei porti oltre a procedure ben definite di riciclo. L’Italia ha un’occasione unica per dare un contributo concreto allo sviluppo della blue economy, un modello di business sostenibile capace di generare un impatto positivo e di lungo termine soprattutto sulla salute dei nostri oceani e sullo stesso impatto economico del settore. La stessa direttiva europea sul monouso prevede la responsabilità estesa dei produttori degli attrezzi da pesca che ci auguriamo venga applicata anche in Italia, oltre a controlli accurati sul rientro a terra delle retine usate per evitarne l’abbandono in mare».
FONTE: COMUNICATO STAMPA LEGAMBIENTE