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Quanti e quali presticidi abbiamo nel piatto?
Boscalid, Dimethomorph, Fludioxonil, Acetamiprid, Pyraclostrobin, Tebuconazole, Azoxystrobin, Metalaxyl, Methoxyfenozide, Chlorpyrifos, Imidacloprid, Pirimiphos-methyl e Metrafenone: questi strani nomi sono sconosciuti alla quasi totalità dei lettori, ma, per molti di noi, sono elementi della vita quotidiana. Dai dati che emergono dal dossier Stop Pesticidi, elaborato da Legambiente e presentato nei giorni scorsi in diretta streaming questa lunga lista altro non è che l’elenco dei pesticidi più diffusi negli alimenti in Italia
Secondo gli esperti di Legambiente più della metà dei campioni analizzati (52%) sono risultati regolari e privi di residui di pesticidi mentre il 46,8% presentano uno o più residui di pesticidi e solo l’1,2% è risultato fuorilegge. Cosa sono nello specifico? Per la maggior parte si tratta di fungicidi e insetticidi utilizzati in agricoltura.
I laboratori pubblici regionali hanno riscontrato elevate quantità di residui derivanti dall’impiego di prodotti fitosanitari in agricoltura in campioni di ortofrutta e prodotti trasformati.
Il multiresiduo – che, secondo la legislazione europea, è conforme a condizione che ogni singolo livello di residuo non superi il limite massimo consentito sebbene sia noto che le interazioni di più e diversi principi attivi siano pericolosi per l’organismo umano – è stato rintracciato nel 27,6% dei campioni analizzati mentre il monoresiduo è stato riscontrato nel 17,3% dei prodotti analizzati.
Nella frutta è presente la percentuale maggiore di campioni regolari multiresiduo: solo il 28,5% dei campioni analizzati è privo di residui di pesticidi, oltre il 70%, seppur considerato regolare, contiene uno o più residui chimici, mentre l’1,3% è addirittura irregolare. Fra le diverse varietà di frutta che hanno campioni regolari con almeno un residuo c’è l’uva da tavola (89,2%), le pere (85,9%) e le pesche (83,5%). Il 75,9% delle mele analizzate era regolare con residui e solo l’1,8% era irregolare. Alcuni campioni di pere presentavano fino a 11 residui contemporaneamente.
Per quanto riguarda la verdura: il 64,1% dei campioni non presentava alcun residuo, ma l’8,1% dei peperoni, il 6,3% degli ortaggi da fusto e oltre il 4% dei legumi analizzati sono risultati irregolari
Fra le irregolarità maggiormente riscontrate, nel 54,4% dei casi si è trattato di superamento dei limiti massimi di residuo consentiti per i pesticidi mentre nel 17,6% è stato riscontrato l’impiego di sostanze non consentite per la coltura e, nel 19,1% dei casi, sono emerse entrambe le circostanze.
Per quanto riguarda i campioni esteri analizzati, quelli proveniente dalla Cina presentano il tasso di irregolarità più alto (38%), seguiti da quelli provenienti dalla Turchia (23%) e dall’Argentina (15%).
In ambito di agricoltura biologica i dati sono rassicuranti: su 359 campioni analizzati ben 353 risultano regolari e senza residui ad eccezione di un solo campione (olive) di cui però non si conosce l’origine.
Gli esperti di Legambiente chiedono che le politiche italiane vengano allineate Green deal e alle strategie europee Farm to fork e Biodiversità che si pongono l’obiettivo di ridurre, entro il 2030, l’impiego di pesticidi del 50%, di fertilizzanti del 20% e di antibiotici per gli allevamenti del 50%, destinando una percentuale minima del 10% di superficie agricola ad habitat naturali. Legambiente ritiene infine essenziale l’approvazione della legge sull’agricoltura biologica – per ora ferma al Senato della Repubblica - come strumento per sostenere il settore.
“Serve una drastica diminuzione dell’utilizzo delle molecole di sintesi in ambito agricolo, grazie a un’azione responsabile di cui essere tutti protagonisti - ha dichiarato Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente -. Per capire l’urgenza di questa transizione, si pensi alla questione del glifosato, l’erbicida consentito fino al 2022, nonostante il 48% degli Stati membri dell’Ue abbia deciso di limitarne o bandirne l’impiego per la sua pericolosità; l’Italia inizi dalla sua messa al bando. Inoltre, per diminuire la chimica che ci arriva nel piatto è necessario adeguare la normativa sull’uso dei neonicotinoidi, seguendo l’esempio della Francia che da anni ha messo al bando i 5 composti consentiti dall’Ue, e approvare al più presto il nuovo Piano di Azione Nazionale sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari”.
“Occorre liberare l’agricoltura dalla dipendenza dalla chimica - ha aggiunto il presidente di Legambiente Stefano Ciafani - per diminuire i carichi emissivi e favorire un nuovo modello, che sposi pienamente la sostenibilità ecologica come asse portante dell’economia made in Italy, diventando un settore strategico per il contrasto della crisi climatica. Riteniamo anche necessaria una svolta radicale delle politiche agricole dell’Unione, con una revisione della Politica Agricola Comune che superi la logica dei finanziamenti a pioggia e per ettaro per trasformarsi in sostegno all’agroecologia e a chi pratica agricoltura sostenibile e biologica. Le risorse europee, comprese quelle del piano nazionale di ripresa e resilienza, vanno indirizzate all’agroecologia, in modo da accelerare la transizione verso una concreta diminuzione della dipendenza dalle molecole pericolose di sintesi, promuovendo la sostenibilità nell’agricoltura integrata e in quella biologica come apripista del modello agricolo nazionale, con l’obiettivo di giungere in Italia al 40 % di superficie coltivata a biologico entro il 2030”.