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Contenitori realizzati con “biopellicole” che cambiano colore se il cibo in essi contenuto si deteriora o addirittura biofilm che riescono a rinviare la scadenza delle pietanze: quella che, in prima battuta, sembra la scena di un film di fantascienza, al contrario, già oggi è una realtà.
Partendo dalla trasformazione degli zuccheri contenuti nel mais e nelle barbabietole, i ricercatori del Centro Ricerche ENEA di Brindisi hanno creato nuove “plastiche verdi”, biodegradabili e compostabili al 100%, alle quali sono stati aggiunti additivi provenienti dagli scarti di lavorazione del comparto agroalimentare del territorio. Il risultato? Biopellicole intelligenti, antimicrobiche e bioattive con sostanze di origine naturale che ben potranno essere usate nella realizzazione di packaging a scopo alimentare, nell’arredamento e nei rivestimenti interni dei mezzi di trasporto.
Aggiungendo l’olio di cardanolo (derivato dall’anacardo) e la porfirina, queste bioplastiche acquisiscono spiccate proprietà antiossidanti e antifungine che consentono di segnalare, mediante il cambiamento del colore, l’eventuale deterioramento degli alimenti che avvolgono.
Utilizzando, infine, ossido di zinco e alluminio sono state ottenute delle biopellicole che consentono addirittura di allungare la vita dei prodotti.
Le fibre e gli additivi utilizzati unitamente alle bioplastiche per realizzare i biocompositi sono tutti di origine naturale e sono stati ottenuti utilizzando scarti di lavorazione provenienti dalla filiera agroalimentare (lino, canapa, scarti di vegetazione olearia e di lavorazione del caffè) e, grazie ad una spiccata resistenza al fuoco, potranno trovare applicazione nella realizzazione di manufatti di arredamento e dei componenti interni dei mezzi di trasporto.
“Siamo impegnati da anni nella sfida per la sostenibilità, in linea con i principi della valorizzazione delle risorse locali e dell’economia circolare”, sottolinea Claudia Massaro, ricercatrice del Centro ENEA di Brindisi. “Ci siamo dedicati in particolare allo sviluppo di soluzioni per ridurre l’impatto ambientale dei contenitori a fine vita, in linea con gli obiettivi della direttiva europea SUP (Single Use Plastics) che ha vietato entro il 2021 l’utilizzo di molti prodotti in plastica monouso e stabilito, a partire dal 2025, un contenuto obbligatorio minimo di materiale riciclato nelle bottiglie in plastica pari al 25%, che salirà al 30% nel 2030”, aggiunge Massaro.
“Le bioplastiche e biocompositi a fine vita subiscono un processo di degradazione che produce sostanze innocue o utili, come i fertilizzanti; inoltre possiedono caratteristiche chimico-fisiche in grado di sostituire completamente le plastiche di origine fossile in molteplici applicazioni”, conclude Massaro.